Il coraggio che non ha l'Europa
Il mondo sta cambiando anche se i mezzi di informazione (e la politica) occidentali pare non se ne accorgano.
Il mondo sta cambiando anche se i mezzi di informazione (e la politica) occidentali pare non se ne accorgano.
Il mondo cambia e l'Europa (gli USA non lo sono mai stati) non è più il luogo dell'etica, della morale, dei valori, del diritto e della politica. Sempre più Paesi al mondo stanno prendendo le distanze dai crimini sionisti e da coloro che, con silenzio o con azioni concrete, non fanno altro che appoggiarli. Sempre più Paesi si uniscono seguendo la direzione della sovranità (quella vera) e del diritto internazionale.
Tra questi ci sono i Paesi che alcuni mesi fa hanno formato il cosiddetto Gruppo de L'Aia.
Il 31 gennaio scorso, otto nazioni (Colombia, Sudafrica, Bolivia, Honduras, Cuba, Malesia, Namibia e Senegal) hanno deciso di formare il Gruppo de L'Aia. L'Aia è la città olandese che ospita sia il Tribunale internazionale dell'Aia, il massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite (si tratta della Corte che ha rinviato a giudizio Israele per genocidio), sia la Corte penale internazionale, la corte riconosciuta da 125 Paesi (tra i quali l'Italia) che ha spiccato un mandato d'arresto per Netanyahu per crimini contro l'umanità. Ebbene, il Gruppo de L'Aia è nato proprio per lottare per il rispetto del diritto internazionale.
Il 31 gennaio, giorno della creazione del gruppo, il Presidente della Colombia Gustavo Petro, il Presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa e il Premier della Malesia Anwar Ibrahim hanno rilasciato questa dichiarazione congiunta: “La scelta è chiara: o agiamo insieme per rispettare il diritto internazionale o rischiamo il suo collasso. Scegliamo di agire non solo per la popolazione di Gaza, ma per il futuro di un mondo in cui la giustizia prevalga sull'impunità. Che questo momento segni l'inizio di un rinnovato impegno per l'internazionalismo e i principi che ci uniscono come comunità globale”.
Nei giorni scorsi il Gruppo si è riunito a Bogotà, dove Colombia e Sudafrica hanno organizzato la “Conferencia Ministerial de Emergencia sobre Palestina”. Agli otto Paesi fondatori si sono aggiunti l'Indonesia, la Libia, l'Iraq, il Nicaragua, l'Oman e Saint Vincent e Grenadine.
C'è chi si oppone davvero al genocidio a Gaza, c'è chi si oppone davvero ai crimini sionisti. C'è chi dà una lezione di etica e politica all'Europa vigliacca e agli Stati Uniti complici.
Al termine dei lavori, i Paesi partecipanti hanno rilasciato la “Dichiarazione congiunta sulla conclusione della Conferenza d’emergenza sulla Palestina convocata dal Gruppo de L’Aia”.
I giornali e i TG nostrani, ovviamente, non ne hanno parlato. Ma nel resto del mondo se ne parla eccome. Se ne parla in America Latina, se ne parla in Africa, se ne parla in Asia.
“Noi, rappresentanti di Bolivia, Cuba, Colombia, Indonesia, Iraq, Libia, Malesia, Namibia, Nicaragua, Oman, Saint Vincent e Grenadine, Sudafrica e tutti gli altri stati che sottoscrivono quanto segue entro il 20 settembre 2025,
guidati dagli scopi e dai principi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale, incluso il diritto inalienabile all’autodeterminazione dei popoli e il principio dell’inammissibilità dell’acquisizione di territorio con la forza;
riuniti con urgenza a Bogotá, Colombia, dal 15 al 16 luglio 2025 con l’obiettivo di rafforzare la nostra determinazione collettiva creando una voce internazionale unificata e attuando i nostri obblighi internazionali riguardo alla situazione nei Territori Palestinesi Occupati, compresa Gerusalemme Est;
addolorati per ogni vita perduta a causa delle azioni genocidarie di Israele nei Territori Palestinesi Occupati;
condannando l’ostruzione dell’aiuto umanitario e la violenza deliberata, indiscriminata e la punizione collettiva imposta alla popolazione affamata della Striscia di Gaza;
lamentando il ripetuto sfollamento forzato della popolazione civile palestinese e l’ostruzione della loro possibilità di ritorno;
riconoscendo il rischio che le azioni di Israele pongono alle prospettive di pace regionale e sicurezza così come all’integrità del diritto internazionale nel suo complesso;
rifiutando di restare osservatori passivi dinanzi alla devastazione nei Territori Palestinesi Occupati e alle conseguenze derivanti dalle politiche e pratiche illegali di Israele, che sono, per loro stessa natura, una questione di interesse per tutti gli Stati;
riaffermando il Parere Consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024 sulle conseguenze legali derivanti dalle politiche e pratiche illegali di Israele relative all’autodeterminazione palestinese;
richiamando tutte le risoluzioni rilevanti delle Nazioni Unite, inclusa la Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite A/RES/ES-10/24, e gli obblighi che gli Stati Membri hanno assunto per intraprendere azioni in linea con il Parere Consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024, il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto umanitario internazionale.
sottolineando l'importanza che istituzioni come la Corte internazionale di giustizia e la Corte penale internazionale adempiano ai propri mandati senza timori o favoritismi, essenziale per la preservazione dello stato di diritto internazionale;
condannando gli attacchi unilaterali e le minacce contro i titolari del mandato delle Nazioni Unite, nonché contro le istituzioni chiave dell'architettura dei diritti umani e della giustizia internazionale;
basandosi sull'eredità dei movimenti di solidarietà globali che hanno smantellato l'apartheid e altri sistemi oppressivi, stabilendo un modello per future risposte coordinate alle violazioni del diritto internazionale;
riconoscendo la complementarietà del Gruppo dell'Aia con altre iniziative come il Gruppo di Madrid volte a rafforzare l'attuazione del diritto internazionale;
accogliendo con favore la Conferenza internazionale di alto livello per la risoluzione pacifica della questione palestinese e l'attuazione della soluzione a due Stati presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite dal 28 al 30 luglio 2025;
sottolineando l'urgenza di tutti gli Stati membri di adempiere in buona fede agli obblighi assunti in conformità con la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale;
uniti nella convinzione che un'azione coordinata a livello nazionale e internazionale sia un imperativo urgente per proteggere la Carta delle Nazioni Unite, rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e promuovere una pace giusta e duratura in tutto il mondo, nonché porre fine all'occupazione illegale della Palestina e consentire al popolo palestinese di esercitare il proprio diritto all'autodeterminazione;
ribadendo il nostro impegno ad attuare le misure provvisorie pertinenti, le sentenze e i pareri consultivi della Corte internazionale di giustizia, nonché le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, inclusa la risoluzione A/RES/ES-10/24 dell'Assemblea generale;
Con la presente annunciamo le seguenti misure, da adottare in base ai quadri giuridici e legislativi nazionali degli Stati:
Impedire la fornitura o il trasferimento di armi, munizioni, carburante militare, equipaggiamento militare correlato e articoli a duplice uso a Israele, ove opportuno, per garantire che la nostra industria non fornisca gli strumenti per consentire o facilitare genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e altre violazioni del diritto internazionale.
Impedire il transito, l'attracco e la manutenzione delle navi in qualsiasi porto, se applicabile, all'interno della nostra giurisdizione territoriale, nel pieno rispetto del diritto internazionale applicabile, inclusa la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS), in tutti i casi in cui vi sia un chiaro rischio che la nave venga utilizzata per trasportare armi, munizioni, carburante militare, equipaggiamento militare correlato e articoli a duplice uso in Israele, per garantire che le nostre acque territoriali e i nostri porti non servano da canali per attività che consentono o facilitano il genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e altre violazioni del diritto internazionale.
Impedire il trasporto di armi, munizioni, carburante militare, equipaggiamento militare correlato e articoli a duplice uso in Israele su navi che battono la nostra bandiera, nel pieno rispetto del diritto internazionale applicabile, inclusa la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS), garantire la piena responsabilità, inclusa la rimozione della bandiera, per il mancato rispetto di questo divieto, di non fornire aiuto o assistenza nel mantenimento della situazione creata dalla presenza illegale di Israele nel Territorio Palestinese Occupato.
Avviare una revisione urgente di tutti gli appalti pubblici, al fine di impedire alle istituzioni pubbliche e ai fondi pubblici, ove applicabile, di sostenere l'occupazione illegale di Israele del Territorio Palestinese, che potrebbe consolidare la sua presenza illegale nel territorio, per garantire che i nostri cittadini, le società e le entità sotto la nostra giurisdizione, nonché le nostre autorità, non agiscano in alcun modo che implichi il riconoscimento o la fornitura di aiuto o assistenza nel mantenimento della situazione creata dalla presenza illegale di Israele nel Territorio Palestinese Occupato.
Adempiere ai nostri obblighi di garantire l'accertamento delle responsabilità per i crimini più gravi ai sensi del diritto internazionale attraverso indagini e procedimenti giudiziari solidi, imparziali e indipendenti a livello nazionale o internazionale, in conformità con il nostro obbligo di garantire giustizia a tutte le vittime e la prevenzione di crimini futuri.
Sosteniamo i mandati di giurisdizione universale, come e ove applicabile nei nostri quadri giuridici costituzionali e giudiziari, per garantire giustizia a tutte le vittime e la prevenzione di futuri crimini nel Territorio Palestinese Occupato.
Sottolineiamo che queste misure costituiscono un impegno collettivo a difendere i principi fondamentali del diritto internazionale; Riconoscendo le violazioni del diritto alla salute, chiediamo al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) di commissionare un'indagine immediata sui bisogni sanitari e nutrizionali della popolazione di Gaza, di elaborare un piano per soddisfare tali bisogni in modo continuativo e sostenibile e di riferire su tali questioni prima dell'80a sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite; Facciamo appello a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite affinché rispettino i nostri obblighi, promuovendo al contempo meccanismi di cooperazione tra tutte le parti.
Adottato a Bogotà, Colombia, il 16 luglio 2025.
*La Repubblica dell'Iraq e lo Stato di Libia non riconoscono formalmente lo Stato di Israele.
L’Europa è finita politicamente e soprattutto moralmente! La sudditanza agli usa è inaccettabile. Il mondo cambia e noi dobbiamo aprirci al nuovo che avanza e guardare al futuro!
L’Europa non è immobile ma complice!! I sionisti hanno il potere ,politico ed economico in tutto l’occidente!! Questa è la realtà!! E una partita persa già da 70 anni!! Solo che ora si sono tolti la maschera!! Dopo il nazional socialismo il sionismo ha dilagato !! La maggioranza dei potenti ,dei banchieri delle élite sono sionisti o lavorano per loro che li finanziano!! Hanno creato una realtà finta dove l’imperialismo è l’unico obbiettivo!! Noi siamo quelli che li finanziano!! Ci hanno messo in condizione di sopravvivere con lavori da fame e un finto benessere ma in realtà siamo schiavi!! Se sei senza scrupoli e te ne freghi del prossimo puoi anche salire un paio di gradini sulla scala sociale !! Altrimenti soccombi!! Viviamo il momento più buio che l’umanità abbia mai affrontato!!