Aggredito e aggressore
Mai come in questo momento l’opinione pubblica può rendersi conto dell’ipocrisia della propaganda occidentale.
Mai come in questo momento l’opinione pubblica può rendersi conto dell’ipocrisia della propaganda occidentale. Negli ultimi anni ci hanno martellato con uno slogan diventato dogma: chi chiedeva di fermare l’invio di armi in Ucraina, chi osava invocare una trattativa diplomatica, chi semplicemente non voleva la guerra, veniva subito etichettato come filoputiniano.
Lo slogan era molto semplice: quando ci sono un aggredito e un aggressore si sta con l’aggredito. Punto. Nessuna sfumatura, nessun ragionamento geopolitico, nessuna analisi storica.
E ora? Ora quello slogan è scomparso. Evaporato. Perché oggi, nel cuore del Medio Oriente, l’aggressore si chiama Israele. Lo è da decenni in Palestina, a Gaza e in Cisgiordania. Lo è contro il Libano. Lo è contro la Siria. E lo è, insieme agli Stati Uniti, contro l’Iran.
Chi cambia narrazione a seconda del nemico di turno è un vigliacco. Prendete Giorgia Meloni: ha armato l’Ucraina — all’opposizione e al governo — brandendo lo slogan dell’“aggredito e aggressore”. Ma oggi, mentre Israele bombarda, invade, uccide, chiede all’Iran di fermarsi. Di mediare. Di trattare.
La Meloni non ha una politica estera. Non ha una linea. Ha un copione scritto a Washington. Un copione made in USA che leggeva quando alla Casa Bianca c’era Biden e che legge oggi con Trump Presidente USA. Le sue parole non sono altro che il perenne riflesso condizionato della propaganda americana. E quando l’America ordina, lei esegue.
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